Cinquantacinquesimo dono: l'attimo in cui il pavone risvegliò la mia Kundalini
I 108 doni dell'India
A Puttaparthi vivevo in un complesso di piccole ville con i tetti di paglia, immerso nel verde pieno e vibrante della natura indiana. Al calare del sole la terra rossa brillava ancora più luminosa e io mi divertivo a raccogliere con Matilde e Sofia i deliziosi fiori di frangipane, che poi portavano a casa come dono alla loro mamma.
Un giorno, accadde qualcosa che porto ancora nel cuore. Ero affacciato sul terrazzo di casa e mi stavo godendo la bellezza del giardino. Tutto era immobile, tranne il vento tra le foglie. All’improvviso dal cielo planò un pavone. Mi alzai dalla sedia per seguirlo con lo sguardo, pensavo tra me e me che probabilmente era riuscito a cacciare uno dei tanti serpenti che spesso trovavamo nell’immenso giardino.
Quel pavone sembrava arrivato da un’altra dimensione. Maestoso. Colorato. Sacro. Atterrò leggero, con un’eleganza quasi irreale, proprio davanti a me. Ad un tratto, nel silenzio assoluto di quel momento, aprì la sua ruota. Fu come assistere a una preghiera in forma di colori. Le sue piume danzavano tra l’oro, il blu profondo, il verde acceso. Rimasi ad ammirarlo ammutolito.
Il colore acceso delle sue piume mi riportarono ad una immagine di Krishna bambino adornato con una piuma di pavone. Quella piuma è il simbolo della bellezza dell’Avatar, pieno di grazia, di bontà ma anche di trasformazione. Il pavone è uno degli animali più incredibili della tradizione indiana: è capace di nutrirsi del veleno senza subirne il danno. Per questo, rappresenta la capacità di trasformare il dolore in bellezza. Il buio in luce. L’esperienza in saggezza.
Quella visione mi fece sentire qualcosa dentro. Come se la Terra, in sanscrito Bhudevi, in quel preciso istante, mi stesse chiamando. Sentii un’energia salirmi dai piedi e attraversare completamente il mio corpo. Non era solo emozione. Era un profondo radicamento nell’amore di madre Terra. Era forza viva.
E fu lì, in quel silenzio, che nacque una delle pratiche più potenti che oggi insegno nel mondo: Gaya. Una pratica di connessione profonda con l’energia della Terra. Gaya ti insegna a radicarti, respirare, aprirti. Ti aiuta ad attivare dolcemente l’energia Kundalini e a riportare attenzione, amore e presenza nel tuo corpo.
Oggi, ogni volta che guido questa pratica – dal vivo o online, con una sola persona o con centinaia – io torno lì. A quel giardino di Puttaparthi. Alla terra rossa. A quel pavone che danzava in connessione profonda con Bhudevi, Madre Terra. Anche la pratica di Gaya è un altro meraviglioso dono della mia amata India.
La natura è una prova tangibile dell’esistenza di Dio. Essa agisce secondo la Volontà Divina, senza obbedire a nessun altro comando. Spesso le persone si chiedono: “Dov’è Dio?” La natura risponde attraverso la creazione dei cinque elementi, dei cinque soffi vitali, dei cinque involucri dell’essere, dei cinque sensi esterni e dei cinque sensi interni, tutti funzionanti ininterrottamente secondo i ruoli che sono stati loro assegnati. Il regolare susseguirsi delle stagioni offre all’umanità un prezioso insegnamento. —Sathya Sai Baba
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Caro Richard, mi hai svelato qualcosa di i aspettato...la loro sacralita', il nostro tramite a Dio.
Ho sempre amato i fiori ma da un po' ho sentito che recidere i fiori non fosse buona cosa, ho sentito che toglierli alla loro fonte, alla loro origine fosse un atto innaturale, quasi un sacrilegio.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi di quanto ti ho detto:
P.S: Ti seguo sempre e sento profondamente la tua anima umile e gentile, amorosa e accudente.
Grazie per tutto cio' di cui ci fai dono.